PADOVA – Sopravvissuto due volte al campo di concentramento, sconfigge anche il Coronavirus. Il protagonista di questa storia di speranza si chiama Biagio Di Vittorio ma per figli e nipoti è semplicemente “nonno Gino”. Ha compiuto ieri 100 anni, poche settimane dopo aver superato l’incubo Covid, festeggiando con una diretta Zoom assieme alla sua grande famiglia. La ricetta? È la più semplice: «Una vita normale e amare i miei cari».Due volte prigioniero di guerra, una parentesi come imprenditore, la carriera militare in giro per l’Italia conclusa a Padova come generale e la salute di ferro mantenuta anche grazie alle vacanze nell’amata Bibione. Sono alcuni degli aneddoti dei cent’anni compiuti ieri da questo straordinario personaggio risultato positivo al virus lo scorso dicembre ma guarito dopo aver avuto solamente qualche linea di febbre.Ieri a celebrare il secolo di vita c’erano due figli, cinque nipoti e sei pronipoti: in estate si erano illusi di poter spegnere le candeline con una grande festa ma le restrizioni hanno imposto ovviamente tutt’altro programma. La festa c’è stata ed è stata molto affollata, ma solamente in videochiamata. Accanto a lui, però, c’era la moglie Elena. Novantasei anni portati splendidamente.«Una vita normale», dice nonno Gino guardandosi indietro. Ma la sua vita, lunga 100 anni, è stata ricca di spostamenti e cambiamenti di ogni genere. Nato nel 1921 a La Goletta, cittadina alle porte di Tunisi con una numerosa comunità di coloni siciliani (la mamma era originaria di Favignana), vive in Tunisia fino al 1941 quando entra nell’Accademia militare di Modena. In una delle libere uscite, a Parma, conosce quella che diventerà “nonna Elena” (in realtà si chiama Ester), accanto a lui anche ieri nel giorno più bello. Per anni ha ricordato questo aneddoto: «Quando avevamo trent’anni mi guardavano male perché la donna più bella di Parma l’avevo presa io».Durante la Seconda guerra mondiale viene mandato a combattere su più fronti e finisce in campo di concentramento due volte: in Cecoslovacchia e in Germania, dove condivide la prigionia con Giovannino Guareschi. Gino ricorda che «lo scrittore teneva delle interessantissime lezioni di letteratura italiana per gli altri prigionieri». Nell’immediato dopoguerra, nell’attesa di essere richiamato nell’esercito, apre a Parma con il fratello la sala da ballo “Il ragno d’oro” diventata poi un punto di riferimento per numerosi artisti. La carriera militare lo porta poi in giro per l’Italia in lungo e in largo, da Roma a Torino e da Bressanone a Gorizia, fino a Padova. Qui si stabilisce una volta arrivata la pensione e qui, ieri, ha tagliato un traguardo meraviglioso.«È una buona forchetta – raccontano i familiari – e finché riuscivano a muoversi autonomamente lui ed Elena andavano spesso a pranzo al ristorante. Ogni Natale recita la preghiera di famiglia, nominando uno a uno tutti i componenti e ringraziando sempre, alla fine, la moglie. A lei ha scritto numerose lettere per celebrare i loro anniversari di matrimonio». Ora c’è un’altra emozionante celebrazione da fare.Gabriele Pipia© RIPRODUZIONE RISERVATA
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