«È un momento storico non solo per questa comunità. Farà bene a tutta la nostra economia, finalmente si intravede un percorso importante di valorizzazione del tonno rosso». È soddisfatto Nino Castiglione, amministratore dell’azienda che dal 1985 ha acquisito la gestione di quell’attività che fu resa un’industria e un modello dai Florio, i primi a conservare il tonno sott’olio e a inventare l’apertura delle scatolette a chiave. La Castiglione è pronta, aspetta soltanto che sia fissata la quota di pesca. «Speriamo almeno in 100 tonnellate per sostenere i costi, non chiediamo contributi pubblici — aggiunge Nino Castiglione, che porta il nome del nonno che avviò l’attività nel 1933 —. Avevamo fermato la tonnara nel 2007, in un periodo in cui si pescava troppo e non c’erano più i parametri di eco-sostenibilità. Adesso per fortuna la fauna marina è cambiata».
A gennaio il primo gruppo di una ventina di pescatori, guidati da Salvatore Spataro, l’erede dei rais che hanno segnato le epoche alle Egadi, metteranno a posto reti e imbarcazioni ferme da oltre due lustri. A marzo verranno messe in acqua, tra maggio e giugno, quando i branchi di tonni che arrivano da Gibilterra passeranno davanti alle coste di Favignana, inizierà la caccia alla pregiata qualità rossa. Tecniche antiche e speranze che il mare sia generoso, gesti sapienti e preghiere, la pesca che si trasforma in un rito. Con il rispetto delle risorse del mare. Per questo nella battaglia per riaprire la tonnara di Favignana, privati e amministratori locali si sono ritrovati al fianco persino gli ambientalisti, come Greenpeace o Wwf. Rispetto alle multinazionali che intercettano il pesce con radar e satellite e non gli danno scampo, l’antica pratica della struttura fissa è selettiva e sostenibile, consente solo la cattura degli esemplari già adulti e evita di far finire in trappola altre specie.
Così il sindaco di Favignana, Giuseppe Pagoto, sogna adesso «la tonnara più eco-compatibile d’Italia. Penso ai tanti nostri ragazzi che aspettano di diventare tonnaroti, ma anche alle attività che trarranno beneficio, il museo negli ex stabilimenti Florio e i ristoranti che potranno servire un prodotto di eccellenza. Credo davvero che si possa coniugare lo sviluppo economico a una corretta tutela ambientale». Nino Castiglione, rinfrancato dal via libera del ministero, pensa ancora più in grande. «In tutta la Sicilia c’è una quantità di tonnare abbandonate che rischia di andare perduta per sempre. È evidente che non si potrà tornare a pescare, ma è un patrimonio antropologico che tutti noi dovremo impegnarci a salvare».
28 novembre 2018
29 novembre 2018
[leggi su corriere.it]