Sull’isola di Marettimo, il castello che sorge a punta Troia costituisce un punto di osservazione formidabile per lo studio della foca monaca, scomparsa dalle isole Egadi alla fine degli anni 70, cacciata dai pescatori e riapparsa inaspettatamente qualche anno fa, quando ormai la specie sembrava in via di estinzione nel Mediterraneo. Ma questa volta con grande sorpresa la foca monaca si è fatta rivedere a Favignana. Lo ha rilevato un monitoraggio che l’Istituto superiore per la Ricerca applicata al mare, in collaborazione con l’Area marina protetta, porta avanti da sette anni alla ricerca di tracce che possano testimoniare la presenza e la durata della frequentazione di esemplari di foca monaca (“monachus monachu”) nell’arcipelago. Per il terzo anno consecutivo la foca è stata fotografata dalle foto-trappole che sono state dislocate nelle grotte e negli anfratti dove è più probabile che possa aver trovato riparo nel periodo invernale.
L’esemplare di foca monaca fotografato è stato definita dai tecnici «un risultato di eccezionale significato scientifico e conservazionistico che conferma ancora una volta la presenza nell’Area marina protetta della specie più rara e minacciata a livello comunitario, dichiarata estinta in Italia: eclatante il fatto che la presenza sia fotograficamente documentata, in tre anni consecutivi in due delle tre isole dell’arcipelago».
Dal monitoraggio è emerso che i due esemplari hanno utilizzato zone silenziose e nascoste, di cui soprattutto Marettimo è ricca, come siti di riposo per tre anni consecutivi dal 2016 ad oggi. «Gli individui fotografati sono presumibilmente femmine adulte, vista la taglia, la colorazione del pelame e la cospicua presenza di cicatrici sul corpo – dicono i biologi dell’Ispra -. Ciò fa sperare bene poiché, sebbene non vi siano prove di attività riproduttive nell’arcipelago, le cicatrici sul corpo sono indicative di tentativi di accoppiamento ed è verosimile che gli esemplari osservati abbiano interagito negli ultimi anni con altri esemplari maschi incontrati in un areale più ampio frequentato dalla specie». Alessandro Bratti, direttore generale Ispra sottolinea che «considerato il grado di minaccia della specie e la posizione geografica al centro del Mediterraneo, i risultati evidenziano l’importanza che l’Italia contribuisca in modo sempre più efficace alla sua protezione, con la messa in atto di una strategia di monitoraggio e di conservazione ad ampia scala, protratta nel tempo e condotta in collaborazione con tutte le istituzioni preposte». Oggi i subacquei che si immergono nelle acque delle Egadi ritrovano con piacevole sorpresa una quantità di pesce che da tempo non vedevano più: saraghi, razze, occhiate, cernie, aragoste, ma anche specie prima sconosciute come pesci pappagallo, barracuda e vermocani. Il sistema di autorizzazioni per l’attracco delle barche, per le attività marine e di pesca, insieme al dialogo avviato con i pescatori professionisti, così come i dissuasori anti-strascico posizionati in alcune zone, hanno fatto sì che la vasta riserva tornasse a rivivere.
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