Marìa compare sulla scena come un soffio di vento autunnale: quei soffi di vento che evocano cose lontane, in una luce d’ombra. Nella stanza della questura dove si materializza per rendere la confessione di un omicidio sono presenti l’io narrante della storia, di nome Santini, e l’appuntato Picciolini, che dalla scena però esce un secondo dopo (per tornarvi poi solo di rado), perché Santini gli ordina di andare a chiamare la dottoressa Vitale. È lei che dovrà raccogliere la confessione, che a Santini spetta invece di verbalizzare. È un pomeriggio d’autunno. Marìa precisa subito che il suo nome si scrive proprio così: con l’accento sulla “i”, per via di una nonna andalusa. Appare docile e composta, stanca e triste. Santini ne intuisce immediatamente l’innocenza e l’umanità. L’omicidio che deve confessare non è opera sua ma del marito, Giovanni.
[leggi su ilsole24ore.com]