Dalle indagini è emersa la presenza di un’organizzazione criminale che “grazie all’abilità imprenditoriale di alcuni indagati e ai benefici derivanti da accordi di reciproco vantaggio costituiti, negli anni, con i principali mandamenti mafiosi palermitani”, aveva acquisito “la disponibilità di un numero sempre maggiore di licenze e concessioni per l’esercizio della raccolta delle scommesse”, fino alla creazione di un ‘impero economicò costituito da imprese – giunte nel tempo a gestire volumi di gioco per circa 100 milioni di euro – formalmente intestate a prestanome compiacenti ma, di fatto, facenti capo alle figure di Maniscalco e Rubino.
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